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Emergenza nei penitenziari. Il provvedimento ‹‹svuota carceri›› non è la soluzione

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Si aggrava la situazione delle carceri italiane. Drammatica la condizione non solo della popolazione carceraria ma anche di quanti sono costretti, per motivi lavorativi, a trascorrere buona parte della loro vita all’interno dei penitenziari.

Pesante il bilancio 2010: 65 i suicidi ed oltre 170 i morti. I dati, seppur migliorati rispetto al 2009, denunciano prima di tutto una carenza nell’assistenza sanitaria, non sempre adeguata e spesso costretta a trascurare le esigenze di cronicità e degli stati patologici, talvolta molto particolari, dei detenuti.

L’emergenza ha spinto le associazioni, i sindacati di Polizia Penitenziaria, i detenuti e la società civile, a chiedere con forza una vera e radicale riforma del sistema carcerario.
Il problema principale va senza ombra di dubbio ricercato nell’inadeguatezza delle strutture, obsolete e non adatte a supportare l’attuale esubero di 68 mila unità. Il sovraffollamento delle carceri italiane costringe i detenuti ad occupare spazi ben inferiori a quelli che dovrebbero essergli concessi. Contestualmente l’affollamento non consente agli operatori carcerari di lavorare in sicurezza e di garantire un servizio di vigilanza adeguato, pur essendo vessati da turni massacranti ed in condizioni di notevole stress psicofisico. Agenti e personale amministrativo lavorano in condizioni non più sostenibili e spesso disumanizzanti che, inevitabilmente sfociano in un assenteismo diffuso. A nostro avviso una società civile dovrebbe garantire tutela e sicurezza a tutti i lavoratori. Le attuali strategie, come il provvedimento “svuota carceri” non rappresentano una soluzione sufficiente a risolvere il problema.

Ridurre la popolazione carceraria rappresenta a nostro avviso solo un palliativo e non costituisce una soluzione duratura. Per questo il provvedimento del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, divenuto legge 199 e quindi operativo dal 16 dicembre scorso, non sortirà alcun effetto sul problema perché non prende in considerazione bisogni e necessità delle realtà che coesistono negli istituti penitenziari. Secondo la nostra opinione per risolvere la questione sarebbe necessario un intervento più radicale, l’opera dovrebbe prevedere la realizzazione di nuovi carceri e la riqualificazione di quelli esistenti. Solo così sarebbe possibile restituire a detenuti ed operatori la dignità sociale sancita dalla Carta costituzionale.

MG Gargani

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