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Inceneritori che tolgono la fame

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La battaglia anti inceneritori, portata avanti da molti movimenti, sta assumendo contorni anche drammatici.  La  presidente del comitato “Nimby” del Trentino Simonetta Gabrielli è in sciopero della fame da 31 giorni, per protestare contro l’installazione del nuovo inceneritore a Trento. Un impianto che le stesse ditte interessate hanno giudicato poco vantaggioso economicamente, dal momento che il bando di gara per la costruzione è andato deserto.

La Gabrielli per fermare la sua protesta che le sta seriamente compromettendo il suo stato di salute, ha chiesto di poter incontrare pubblicamente i vertici di Provincia e Comune ma anche il vescovo e i rappresentanti del mondo economico. Il suo obiettivo è riaprire il confronto sullo smaltimento dei rifiuti. In sintesi: perché insistere con nuovi inceneritori, economicamente non vantaggiosi, inquinanti e male sfruttati e non dare la possibilità di partecipare ai bandi di gara a forme di smaltimento alternative come il riciclaggio? A suo dire, infatti, costruire l’impianto significherebbe fermare la differenziata e, appunto, il riciclaggio.

Ho riportato in due parole le richieste della presidente di “Nimby” per la semplice ragione che la sua posizione non differisce dalla nostra: senza eccedere in estremismi che puntino a 360° su una soluzione escludendo del tutto le altre, bisogna fare un’analisi ragionata della situazione.
L’Italia è uno dei paesi con la più bassa percentuale di differenziata in Europa, uno dei paesi dove si punta meno sul riciclaggio. È un fatto inoltre che procedere allo smaltimento tramite incenerimento, esclude, almeno nel nostro paese, la differenziata: tutto viene riversato indistintamente negli inceneritori, con conseguenti danni all’ambiente e alla salute dei cittadini. Abbiamo più volte sottolineato che la strada che portiamo avanti è una soluzione combinata che preveda un’alta percentuale di riciclaggio con un integrazione di termovalorizzatori e discariche. Una soluzione, quindi, che non prescinda da questo secondo passaggio ma che ne preveda un più corretto utilizzo.

Tuttavia è un dato accertato che il suolo italiano è sufficientemente disseminato di impianti di incenerimento. Basterebbe, quindi, sfruttare quelli esistenti, puntando invece sull’installazione di nuovi centri riciclo che consentirebbero enormi risparmi di denaro pubblico, periodi di costruzioni più brevi e soprattutto darebbero il via ad una nuova era fatta di riciclaggio, differenziata e salvaguardia della nostra salute e della terra in cui viviamo.

Si tratterebbe di mettere da parte i tornaconti economici e politici di pochi e cominciare a pensare davvero agli interessi della collettività. Le voci pian piano si stanno alzando sempre più numerose, ognuno sceglie come far sentire la propria nella maniera più opportuna, dal canto nostro, questa è una battaglia che porteremo avanti con costanza e passione.

U. Cataluddi

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