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Bossi: siamo nella palude romana. MUI: l’unica palude che immobilizza l’Italia è quella padana

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Ci risiamo. Il vulcanico leader della Lega Umberto Bossi prende le distanze dallo sfrenato ottimismo dell’alleato Berlusconi ma porta pazienza in nome del federalismo. L’asse Pdl-Lega continua a scricchiolare ma sono troppi gli interessi in ballo e la sensazione è che i militanti del sole delle Alpi tengano a ribadire la loro posizione di forza. In soldoni: noi non siamo i soldatini di nessuno e se qualcosa non ci sta bene la diciamo apertamente. Bossi è sostanzialmente scettico sulla tenuta del governo ma per ora conviene restare pazienti perché, come detto, l’obiettivo della Lega è portare a casa il federalismo. E gli attacchi al presidente della Camera Gianfranco Fini non aiutano, sottolinea il Senatur, che bacchetta i quotidiani del centrodestra.

”Ho sentito Berlusconi alla tv, parla di grandi riforme e numeri in eccesso: non e’ proprio così, perché i numeri scarseggiano. Siamo nella palude romana e non é facile venirne fuori, ma siamo ancora vivi e stiamo combattendo. Alla fine chi la dura la vince” ha detto ieri sera Bossi intervenendo a una festa del Carroccio a Villa d’Ogna (Bergamo).

E per garantire la durata del governo, aggiunge, ”diciamo che Berlusconi e anche noi ce la stiamo mettendo tutta”. ”Ci sono milioni di persone al di sopra del Po che ne hanno piene le scatole e sono pronte a battersi per ottenere la libertà”. Ora però, ribadisce Bossi, bisogna seguire con pazienza il cammino della riforma nelle sedi istituzionali. Anche perché ”se andassimo oggi a forzare in certe commissioni, magari il federalismo verrebbe bocciato. Dobbiamo dunque far passar del tempo, perché ci sia il tacito assenso fino all’ultimo passaggio in consiglio dei ministri: non moriamo anche se si ritarda un po”.

E anche attacchi di alcuni quotidiani del centrodestra contro Fini non aiutano e anzi possono danneggiare il federalismo. ”Bisognerebbe che i giornali sparassero meno” sottolinea il ministro per le Riforme. ”Secondo me – conclude Bossi – i giornali farebbero bene a vendere un po’ meno copie e non fare troppo casino, perché poi i problemi che fanno contro Fini ce li sorbiamo in commissione: se uno viene attaccato tutti i giorni, non e’ favorevole a quello che noi proponiamo, anche se non c’entriamo assolutamente niente”. Le parole di Bossi non sono mai banali, il vero problema è che, tranne quei milioni di persone al di sopra del Po, sono gli italiani ad avere le scatole piene delle dichiarazioni di un ministro della Repubblica che lancia invettive contro il suo stesso paese e che ragiona per il tornaconto del suo entourage. I padani sono pronti a lottare per ottenere la libertà. Ma di quali limitazioni sono vittime? Quali soprusi sono costretti a subire? La vera violenza alla quale siamo quotidianamente sottoposti è vedere cravatte e fazzoletti verdi campeggiare tra Palazzo Madama e Montecitorio, ribadendo fino allo sfinimento l’importanza del federalismo come se fosse la soluzione ad ogni problema. Noi del MUI, convinti che il progresso e lo sviluppo passino obbligatoriamente per l’unità degli intenti, restiamo disgustati quando dobbiamo prendere atto che un partito scissionista si trova a determinare le sorti del nostro paese. L’unica regola di riferimento per il Carroccio è quella della convenienza: se ci assecondi ti appoggiamo se no andiamo alle urne. Abbiamo più volte sottolineato come sia indispensabile evitare il voto; l’Italia è un paese con le difese immunitarie di un convalescente, esporla alle gelide correnti della campagna elettorale equivarrebbe al più classico colpo di grazia. Eppure la Lega se ne infischia perché il Nord è produttivo, il Nord non è in crisi, il Nord lotta per la libertà. L’unica libertà per cui varrebbe la pena di lottare è la libertà di non essere rappresentati da Bossi, Calderoli, Tremonti, Borghezio e compagnia. La libertà di non dover sentire cantare il Nabucco invece che l’inno di Mameli, la libertà di identificarsi nel tricolore e non nel sole delle Alpi, la libertà di non dover pagare stipendi faraonici a politici arroganti e irrispettosi. Lo stipendio di Umberto Bossi esce anche dalle tasche dei contadini calabresi, eppure il Senatur non esita ad intascarselo. L’unica palude che esiste e dalla quale dobbiamo riemergere è la palude padana.

Alessio Moriggi

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