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Polo della Nazione, ma quale responsabilità! Stesse facce, stessa musica

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È nato il Polo della Nazione, la coalizione formata da FLI, UdC, Api, MpA, LibDem, Giorgio La Malfa e Paolo Guzzanti. Questo nuovo «coordinamento» è stato delineato ieri a Roma, all’hotel Minerva. Il nome Polo della Nazione non convinceva tanto Casini, che avrebbe preferito Polo per l’Italia; tutti però erano concordi nell’escludere quello di Terzo Polo, tutt’altro che accattivante. I parlamentari che formano questo nuovo gruppo sono cento: ottanta deputati e venti senatori; d’ora in poi voteranno compatti e daranno del filo da torcere alla maggioranza.

Il PdN starebbe elaborando una strategia comune per le prossime elezioni amministrative, nonché per le prossime ipotetiche elezioni politiche. Sembra che al Senato il nuovo Polo presenterà una lista unica, per cercare di superare lo sbarramento dell’8%; alla Camera, invece, le liste saranno due o tre, comunque con un unico candidato premier. Ora appare evidente che Casini non confluirà nella maggioranza come auspicava Berlusconi; perciò è più chiaro perché il premier abbia corretto il tiro ed abbia smesso di corteggiare esplicitamente l’UdC, rivolgendosi invece con più calore ad ogni singolo deputato, che non si riconosca più nel suo partito.

Il leader dell’UdC ha asserito che questo nuovo Polo «opererà per il bene del Paese, per riunificarlo e pacificarlo», ed ancora «Il PdN sarà una forza d’opposizione responsabile. Non è nostra intenzione fare guerre di religione a nessuno, ma confrontarci sui provvedimenti che vadano incontro agli interessi generali degli italiani».

Ancora buoni propositi, dunque. Peccato che gli esponenti di questa nuova coalizione, (mossi da un forte senso di responsabilità, per carità) siano sempre gli stessi politici, quelli che da vent’anni compaiono sulla scena. Non ci incantano più con i loro buoni propositi, gli efficaci programmi che millantano, il vento di rinnovamento che promuovono. Ci chiediamo: come è possibile che le stesse persone che si alternano al governo da così tanto tempo, e che non sono riuscite a fare nulla di buono che si ricordi per il Paese, si proclamino adesso detentori della ricetta per traghettarci fuori dalla crisi? Si badi bene che la crisi che ci ha investito non è solo economica, ma anche sociale: il nostro è un Paese alla deriva, dove non c’è lavoro, non ci sono risorse, non ci sono i servizi, dove non rimane più neanche la speranza nel futuro, dato che i giovani, sia che lavorino o meno, non godranno comunque di una pensione.

Occorre affidarsi a persone davvero nuove, che si buttino nella cosa pubblica con entusiasmo e dedizione incondizionata, che la finiscano di schierarsi a destra, a sinistra o al centro, ma che si elevino al di sopra delle sterili frizioni, per guardare con obiettività ciò che serve per il bene del Paese. Noi ci sentiamo di rappresentare la giusta via per il cambiamento, quello vero, quello dei fatti, non delle parole.

P. Pigliapoco

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