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Afghanistan, cambia la guerra e aumentano le vittime: è ora di lasciare?

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Si chiama Luca Sanna ed ha 32 anni il soldato italiano rimasto ucciso in uno scontro a fuoco avvenuto in un avamposto nella cintura di sicurezza intorno alla base di Bala Murghab, in Afghanistan.

Il Caporalmaggiore risiedeva a Lusevera in provincia di Udine e lascia una moglie, sposata da appena quattro mesi. Le condizioni dell’altro militare rimasto ferito, Luca Barisonzi, sono invece più serie di quanto inizialmente affermato. Il soldato, ricoverato presso l’ospedale Role 2 di Camp Arena ad Herat è stato colpito ad una spalla e il proiettile avrebbe compromesso una parte del midollo spinale. A detta di La Russa “il personale medico gli sta fornendo ogni assistenza possibile”.

Il generale Massimo Fogari, capo dell’ufficio stampa, ha spiegato la dinamica dell’agguato: i due militari si sarebbero trovati vittime di colpi d’arma da fuoco nell’avamposto denominato “Highlander”, per mano di “un terrorista in uniforme dell’esercito afgano”. Smentita quindi la prima ipotesi del “fuoco amico”.

Il ministro La Russa spiega poi quali sono le novità strategiche del conflitto e quindi il perché di un aumento consistente dei caduti solo rispetto a qualche mese fa. A suo dire l’esercito italiano non si limita più a stabilirsi entro le basi fortificate, ma mira a controllare il territorio per  permettere alla popolazione afgana di rientrare nei villaggi. Motivo per il quale nella situazione attuale si è molto più esposti al fuoco nemico. Il ministro poi si affretta a sottolineare che “occorre interrogarsi sui modi con cui le missioni devono essere condotte” ma che nella maniera più assoluta “non bisogna mettere in discussione la bontà delle ragioni che ci portano a proseguire la missione in Afghanistan”.

Una smentita eccellente, tuttavia, gli arriva direttamente dal presidente del Consiglio, il quale, oltre ad unirsi al coro di condoglianze pervenuto da tutte le fazioni politiche, si chiede se è opportuno restare e afferma che il governo “sta valutando una strategia per il ritorno dei ragazzi”.
Il premier Berlusconi ha sollevato un interrogativo che aleggia nelle coscienze di tutti gli italiani e non solo: rimanere o abbandonare? Continuare questa “missione di pace che ci procura tante bare con il tricolore sopra o ritirarsi e ammettere il fallimento? A caldo e senza indugi verrebbe senz’altro da rispondere con la seconda ipotesi, ma se ci si ferma a riflettere questo vorrebbe dire vanificare 10 anni di sacrifici in termini economici e soprattutto di vite umane, significherebbe inoltre riconsegnare l’Afghanistan nelle mani dei talebani e soprattutto ammettere le proprie ipocrisie.

Noi del movimento del Movimento dell’Unione Italiano riteniamo che non si possa parlare di missione di pace quando si è in guerra, la guerra va combattuta con mezzi uguali o superiori rispetto a quelli di cui dispone il nemico, non possiamo continuare a mandare a morire i nostri ragazzi spacciandoli per missionari in abito da guerra. I nostri soldati sono lì per combattere e per portare a casa la vittoria nel conflitto, o lo si ammette e ci si regola di conseguenza o prepariamoci ad altri 10 anni di notizie come quella di ieri e nessuna prospettiva di poter vedere questo incubo finire.

Movimento Unione Italiano

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