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La cena delle beffe. I lùmbard a Silvio: «…chi non beve con noi, peste lo colga»

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Metti una sera a cena Tremonti, Bossi, Calderoli e Castelli. Mettili in un bell’Hotel di montagna nei pressi di Calalzo di Cadore. Mettici la traballante situazione politica del momento e aggiungici la necessità di invitare al convivio il presidente-alleato Silvio Berlusconi.

Troppi ingredienti tutti insieme a volte stomacano e talvolta qualcosa (o qualcuno) va sacrificato in nome del buon gusto. L’escluso in questione fa notizia, perché i vertici del Carroccio, da sempre tesi e coesi verso un comune obbiettivo, non vorrebbero tollerare oltre la linea cadornista del presidente del Consiglio. La Lega non si accontenta più delle rassicurazioni del Cavaliere e quello sparuto gruppo di deputati che dovrebbero determinare la sua maggioranza bicamerale non convince i lùmbard, che pretendono 40 nuove adesioni non solo per riformare ma per portare avanti anche l’ordinaria amministrazione.

Le condizioni che intendono porre i figli del dio Po hanno tanto il sapore della richiesta impossibile, che sarà inevitabilmente evasa e che condurrà direttamente ad elezioni. Le urne, poi, rappresenterebbero il trampolino di lancio per le ambizioni ormai incontenibili di Giulio Tremonti, ad onor del vero, unico ministro produttivo della legislatura Berlusconi. Giulio ha visto accrescere i suoi consensi sia all’interno dei confini nostrani che a livello internazionale e, non solo secondo lui, questo è il momento di raccogliere i frutti del suo lavoro. Quindi, se Berlusconi fatica ad investire ufficialmente il suo successore, ci pensa la Lega a servirgliene uno su un piatto d’argento. Magari già da stasera, tra ossi di maiale, lenticchie e fagioli con la cipolla, un bel Tremonti servirà al premier per digerire meglio il boccone amaro.

Alessio Moriggi

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