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Cristianofobia: capodanno di sangue

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Nei territori arabi si fa sempre più critica la situazione delle comunità cristiane copte, minoranza etnica fortemente vessata dall’incuria degli attentati.

Già mesi fa ci eravamo occupati dei superstiti di Bagdad ed avevamo incontrato alcuni di loro all’interno del Policlinico Gemelli dove erano ospitati. Allora eravamo rimasti colpiti dal dolore e dalla disperazione che si leggeva nei loro occhi e dalla brutalità delle foto che ci hanno mostrato.

Già allora avevamo denunciato che il principale timore di questa gente era di tornare nelle loro terre, dove non si sentono protetti e dove rischiano quotidianamente la vita ma dove, tuttavia, avevano lasciato le loro famiglie; nelle loro parole anche la rabbia per lo scarso interesse mostrato della Comunità Cristiana e del Papa. Ci chiedevano un aiuto disperato, inascoltato dalle istituzione e dalle ambasciate e, nel nostro interesse, vedevano un ultimo ma importante tentativo di muovere le coscienze.

Di pochi giorni fa un altro inquietante attentato ad Alessandria d’Egitto, durante lo svolgimento delle celebrazioni per l’anno nuovo all’interno della Chiesa dei Santi, dove erano raccolti tra i 500 ed i 1000 fedeli. Il bilancio anche questa volta pesantissimo: 21 morti e 79 feriti. Dagli ospedali della zona arrivano referti impressionanti: la maggior parte dei feriti è stata perforata da chiodi, bulloni e biglie metalliche, contenute all’interno delle bombe, con l’intento di provocare quante più vittime possibili. Ancora una volta i fedeli denunciano di non essere stati difesi da un attentato che era stato annunciato, ma questa volta un monito duro arriva proprio dall’Imam di al-Azhar, l’istituzione musulmana più prestigiosa del mondo arabo, che punta il dito sulla Santa Sede: “Il Papa – ha detto il suo portavoce padre Federico Lombardi –  è stato informato ed è profondamente colpito e addolorato da questi avvenimenti. Si vede che il disegno dell’odio non vuole dar tregua nella sua lotta omicida contro la vita delle persone e la pace. Si stanno versando fiumi di sangue innocente. E’ necessario l’impegno di tutti per opporsi efficacemente all’odio”. Ma questo probabilmente non è sufficiente perché queste parole non servono a sciogliere le tensioni che si stanno accumulando e che stanno mietendo sempre più vittime.

Si tratta comunque di un gesto scellerato che non offende solo la comunità cristiana ma l’umanità intera. A nostro avviso Governi e Santa Sede dovrebbero prendere una posizione più forte sulla questione e consentire a quanti ne avessero la necessità, di essere accolti come rifugiati politici in Paesi che consentano anche a loro di vivere dignitosamente e senza paura.

In questo scenario di indifferenza nei confronti della comunità cristiana perseguitata, un parallelismo con il caso Battisti è d’obbligo. Pur sembrando vicende così diverse,  sono entrambe legate da un destino che dipende da volontà politiche internazionali. Per ottenere l’estradizione di Battisti si stanno compromettendo rapporti economici, politici e commerciali tra Italia e Brasile, e tutto per difendere un uomo colpevole di efferati omicidi e condannato al carcere a vita. Con i nostri occhi abbiamo visto la disperazione di quanti, non riuscendo ad ottenere asilo politico, sapevano di essere destinati a morte certa e per cui nessuna istituzione si è mossa. A questi fatti non riusciamo a dare una spiegazione se non quella che difendere queste persone non fosse l’interesse di nessuno.

MG Gargani

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