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Gennaio: i nodi vengono al pettine. Le fatiche di Berlusconi per restare in sella e scongiurare le urne

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Dopo la fiducia del 14 dicembre, il nulla. Lo sfibrante immobilismo della politica italiana sembra sul punto di concludersi, perché le settimane che verranno saranno decisive sul proseguo dell’attuale legislatura.

Sono molte le questioni che la maggioranza dovrà dipanare per capire le reali possibilità che ha di governare: dalla decisione della Consulta sul legittimo impedimento alla mozione di sfiducia contro Sandro Bondi; dalla ratifica dell’accordo tra Italia e Brasile al decreto “mille proroghe”, che riproporrà la querelle sul rigorismo tremontiano. Ma la vera fatica che dovrà affrontare l’erculeo Berlusconi si chiama federalismo fiscale: approvati i decreti attuativi, lo spettro delle urne può essere tranquillamente scongiurato. Per fare ciò, lo sentiamo ripetere da settimane, servono i numeri.

Il premier è convinto di averli ma per esserne certo continua a corteggiare, tramite Verdini, i deputati di Mpa (cinque voti) e i singoli del gruppo misto (con abboccamenti vari anche nell’Idv e nel Pd). Nella migliore delle ipotesi si parla di una decina di nuove adesioni, anche se i bene informati sullo stato delle trattative non si sbilanciano oltre un paio di voti, ma in Senato e non alla Camera. La preoccupazione del Cavaliere è comunque evidente, con i sondaggi che gli consigliano prudenza e con qualche malumore di troppo tra gli stessi elettori di centro destra.

Il presidente del Consiglio sta palesemente prendendo tempo, con lo scopo di rilanciare il partito (magari cambiando nome e vertici, come dice qualcuno) e di rinsaldare la coalizione. Restare in sella ed evitare le urne, queste sembrano ad oggi le priorità di un esecutivo che chiede tempo e perde certezze.

Alessio Moriggi

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