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2011: quanto fa bene abbandonare la plastica

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Entrata in vigore il primo gennaio scorso la legge che vieta  la commercializzazione dei sacchetti da asporto per merci non conformi ai requisiti di biodegradabilità, indicati dagli standard tecnici.

La norma UNI EN 13432 definisce “comportabile” l’imballaggio biodegradabile, disintegrabile, contenente bassi livelli di metalli pesanti ed in cui non esistono effetti negativi sul compostaggio. La direttiva viene recepita in Italia dalla legge 296/2006, modificata dal D.L. 78/2009 e convertito dalla Legge 102/2009 che prevedeva, come termine ultimo di adeguamento, il primo gennaio 2011. La legge, se pure ben accolta dall’opinione pubblica, non chiariva le modalità di smaltimento delle rimanenze di magazzini, negozi e mercati; a definire la questione, il 31/12/2010, un comunicato stampa del Ministero dello Sviluppo Economico che autorizza artigiani e commercianti a smaltire le giacenze “purché la cessione sia ad opera dei consumatori ed esclusivamente a titolo gratuito”.

Secondo i dati raccolti da Coldiretti, nel 2011 saranno risparmiati circa 20 miliardi di sacchetti di plastica (in Italia in media si consumavano circa 300 sacchetti procapite l’anno), eppure si tratta di una stima che, non considera lo smaltimento delle giacenze che, in un modo o nell’altro dovrà avvenire. Si tratta di un contributo decisamente importante se si considera che la plastica è in cima alla lista dei materiali più difficilmente smaltibili. Per decomporre un sacchetto non degradabile sono necessari 200 anni, inoltre, l’impatto ambientale di cui questo materiale è responsabile durante il suo ciclo di vita, è enorme: per produrre 200mila tonnellate di plastica sono necessarie 430mila tonnellate di petrolio. Buste, contenitori e altri prodotti plastici inquinano i mari e i corsi d’acqua e, se combusti, immettono nell’ambiente diossina e anidride carbonica. Il ritmo di consumo delle plastiche è di gran lunga superiore ai tempi di smaltimento, per questo, non è eccessivo parlare di rifiuto “permanente”.

Dall’entra in vigore del provvedimento, i prodotti già in commercio per sostituire il polietilene dei sacchetti sono numerosi: dalla buste in carta a quelle in bioplastiche, fino ad arrivare alle più tradizionali sporte e ai trolley da spesa. È tuttavia da tenere in considerazione che le attuali alternative sono comunque responsabili, in fase di produzione, trasporto, compostaggio e riciclo, di un certo  impatto ambientale, certamente inferiore da quello prodotto dalla lavorazione delle plastiche, ma comunque esistente. Secondo quanto riportato dalla “Guida al Consumo Critico” – Emi Edizioni – Per produrre 1Kg di bioplastica sono necessarie energie termica ed elettrica pari ad 1.4Kg di petrolio equivalente e 50l d’acqua, si producono 350 g di rifiuti solidi e, di questi, il 17% è considerato pericoloso, si immette nell’ambiente 1Kg di gas serra ed un peso indefinito di inquinanti viene disciolto in aria e in acqua.

Per quanto riguarda la carta, soprattutto in fase di produzione, l’impatto è notevole. Anche il riciclo di questo materiale, che sicuramente è una buona abitudine, comporta ingenti consumi di acqua ed energia.
Le più “eco” sono considerate le shopper, realizzate, in infinite varianti, con fibre naturali o altri materiali di riciclo, migliori anche per la resistenza al peso.

Una buona scelta passa ancora una volta attraverso gesti consapevoli. Ridurre, Riusare e Riciclare, saranno (si spera) requisiti essenziali nei prossimi anni. Questi concetti tuttavia non potranno sortire alcun cambiamento se non accompagnati da una crescente cultura della coscienza collettiva, via via più sensibile ed attenta alla tutela dell’ambiente, e da una presa di posizione severa e decisa di Stato e istituzioni. Allora e solamente allora, sarà possibile concepire un modello di gestione virtuoso, governata da regole chiare e rigidi provvedimenti per i trasgressori. L’emergenza rifiuti e’ una questione che non concede più rinvii. Sono ormai troppi gli esempi che dimostrano che interventi scordinati, e non correttamente programmati, rendono fragile il sistema della gestione dei rifiuti e, di fatto, non sortiscono alcun effetto.

MG Gargani

Movimento Unione Italiano

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