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Fiat-Mirafiori: le ragioni del cuore

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A qualche giorno dall’esito positivo del referendum di Mirafiori si raccolgono ancora i commenti di molti personaggi influenti della politica e dell’editoria. Tutti sembrano ammettere che il sacrificio chiesto ai lavoratori della Fiat è senz’altro grande, ma mantenere la fabbrica torinese per eccellenza nella sua Torino era una cosa necessaria, cui tributare qualsiasi sacrificio.

Non solo Mirafiori rischiava di chiudere, ma tutto l’indotto, che a Torino e provincia costituisce la quasi totalità delle imprese, avrebbe fatto la stessa fine. Il ministro Sacconi, contento per l’esito della votazione, chiede ora alla Fiom di rivedere la sua linea di condotta e di trovare un modo «per poter coabitare, pur avendo una posizione diversa rispetto all’accordo». Il ministro del Welfare non ha dubbi che Marchionne manterrà gli impegni presi e investirà come ha promesso nella fabbrica torinese; deve però trovare una soluzione «per far evolvere gli strumenti partecipativi che coinvolgono i lavoratori, oltre che mettere in atto un’attenta gestione delle risorse umane».

Anche il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, plaude alla conclusione della vicenda e auspica che l’AD Fiat mantenga gli impegni presi. Non si discosta da queste posizioni nemmeno Piero Fassino, altro torinese doc e candidato a succedere a Chiamparino nella veste di primo cittadino, che ha dichiarato: «Torino è la città dove è nata la Fiat e senza la Fiat non sarebbe più la stessa, ma chiedo al suo AD di avere fiducia in Torino e nei suoi lavoratori». Fassino ha anche chiesto alla casa automobilistica di non sottovalutare il malessere che serpeggia tra gli operai e di cercare di contenerlo, riprendendo un dialogo sereno e senza imposizioni con le organizzazioni sindacali, compresa la Fiom. Infine Carlo De Benedetti, torinese anche lui, si è spinto persino oltre e ha dichiarato di essere grato a Marchionne per aver salvato la Fiat dal baratro in cui stava precipitando e per averla rilanciata, cogliendo la grande opportunità della Chrysler.

Volendo tirare le somme, sembra che per i torinesi la Fiat rappresenti di più che un’azienda che offre tanti posti di lavoro: è un simbolo della città, come lo è la Mole, Piazza Castello, il Valentino. Anche con il cuore stretto per gli sforzi che peseranno interamente sulle spalle degli operai, ha prevalso in loro la consapevolezza che occorreva accettare qualsiasi sacrificio pur di tenere la Fabbrica Italiana Automobili Torino, proprio nella città dov’è nata e da cui ha preso il nome. Anche noi ci auguriamo che questa decisione sia vincente e che Marchionne dia seguito alle promesse fatte, per il bene delle 5mila famiglie dei lavoratori di Mirafiori, dell’indotto torinese, dell’intera economia italiana.

P. Pigliapoco

Movimento Unione Italiano

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