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L’arsenico gioco dell’acqua contaminata

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Scoppia il caso dell’acqua contaminata da arsenico, è ormai emergenza nel Lazio dove le concentrazioni sono di gran lunga superiori ai limiti imposti dalle norme comunitarie.

La sostanza, in concentrazioni eccessive, genera gravi rischi sanitari e, ad essa, sarebbero imputabili alcune forme tumorali, lo spiega lo SCHER – Comitato scientifico dei rischi sanitari ed ambientali della Commissione Europea. Concentrazioni di arsenico superiori a 20 μg/l sono pertanto considerate nocive e pericolose e non tollerabili nell’acqua ad uso cittadino.
Il problema dell’acqua contaminata, noto probabilmente solo di recente all’opinione pubblica è, in realtà, una questione di vecchia data. Già nel 2001, valutata la pericolosità dell’arsenico, la Comunità Europea fissa a 10 μg/l la concentrazione massima consentita per l’acqua ad uso civile. L’Italia recepisce la direttiva con il Decreto Legislativo n.31/2001 e i gestori hanno tempo fino al 25 dicembre 2003 per mettersi in regola con il nuovo parametro.

Tuttavia questa data viene disattesa e viene chiesta una deroga, subito seguita, nel 2006, da un’altra. L’Ue prevede nel suo regolamento la possibilità di slittare il recepimento di una direttiva purché, sotto la responsabilità dello Stato che la richiede, per un massimo di due volte, ciascuna della durata di tre anni. L’Italia sfrutta questa possibilità, ma, quando nel 2009 scade l’ultima data per l’adeguamento, la situazione non è ancora risolta, e ci si appella nuovamente alla Comunità Europea. L’Europa questa volta non concede deroghe, eccetto per 8 comuni: 4 per un limite di 20 μg/l  e, 4 per un limite massimo di 15 μg/l.
La questione dell’acqua contaminata, già in sospeso da nove anni, giunge poi ad un nuovo punto di svolta. Con il Decreto della Presidenza del consiglio dei Ministri del 17 dicembre scorso, viene dichiarato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2011, in relazione alla concentrazione di arsenico nelle acque destinate all’uso umano, superiore ai limiti di legge in alcuni comuni del territorio della regione Lazio. Nel decreto non si leggono però né i nomi del commissario che gestirà lo stato di emergenza né tanto meno quali saranno i comuni.
Cresce il dissenso popolare, sulla difensiva i gestori dei servizi idrici. Intanto, l’escamotage dello stato di emergenza, lascia in sospeso per un altro lungo anno la questione dell’acqua contaminata. I cittadini rimangono inascoltati.

L’acqua torna a far parlare di se e, quel che è più inquietante e lascia sbalorditi è che l’emergenza è concentrata proprio nelle zone dove la gestione idrica è privatizzata, a dimostrazione che, non solo si priva il cittadino di un bene che invece gli appartiene, ma che una gestione non municipalizzata, non è garanzia né di qualità né tanto meno di efficienza del servizio offerto.

Sul fronte referendario intanto ancora nulla di nuovo. Si continua a sperare che l’esecutivo resti in sella e che in primavera si possa andare alle urne, si, ma per dare voce ai cittadini sulla questione dell’acqua pubblica.

MG Gargani

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