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Dall’Atac all’Università l’Italia è una grande famiglia

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Si concludono in questi giorni gli interrogatori dei manager Atac per la questione parentopoli e sono 40 i nomi a rischio. Ma l’inchiesta che, come è noto, ha preso una piega molto più ampia di quello che si pensava inizialmente, sembra svelare una questione che non racconta nulla di nuovo e non sorprende nessuno.

Ad essere coinvolte nello scandalo gran parte delle municipalizzate romane: Atac, Ama ed Acea, e chissà quante altre ancora. Ma è certo ed evidente che si tratta solo della punta di un iceberg che cela sotto di sé una questione ben più ampia e che, dalla notte dei tempi, rappresenta una delle peculiarità più tipiche del popolo italiano. Ci asteniamo in questa sede dallo sviscerare gli elenchi di nomi (imbarazzanti e vergognosi) di mogli, mariti, figli, nipoti e cugini, che ormai da anni popolano gli atenei e le istituzioni di questo paese e che detengono le redini del potere, cercando di mantenersi ben saldi sulle poltrone che, con “fatica”, si sono conquistati.

Vorremmo invece, in questa sede, fare una riflessione leggermente più profonda e che prende spunto dalla valutazione di come funzionano le cose in questo paese. Ci lamentiamo quotidianamente che nessun servizio funziona come dovrebbe. Si denunciano inefficienze nelle istituzioni: dal sistema sanitario, alle pubbliche amministrazioni, non esiste un servizio che garantisca al cittadino di godere delle prestazioni per cui vengono pagate le tasse. Se questo paese va a rotoli lo dobbiamo proprio a questo sistema tutto italiano che, da sempre, si fonda su l’unico ed esclusivo criterio del “magna magna quanto più possibile”. Lo stesso vale per gli atenei italiani dove non ci si può davvero più sorprendere se l’assegnazione delle cattedre tocca sempre a quei “geni” dei figli dei professori. Non si tratta di banale ironia, questo è un dato di fatto, confermato anche dalle parole di un docente di uno degli atenei più popolari d’Italia, riportato sul libro “Parentopoli” di Nino Luca: «I nostri figli sono più bravi perché hanno la forma mentis tipica di noi professori», questo è quello che si sostiene. La colpa è dunque della genetica se un’intera dinastia regna sovrana dentro un’università di proprietà dello Stato. Quello che ci raccontano, per quanto possa sembrare assurdo, è proprio questo.

MG Gargani

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